Che ossequïosa ognor pronta li serve;
E col suo Santo ardor, che ognor più ferve,
Intenerisce i Cori, e i Sassi indura.
[505]CCXIV.
Dimestica i Tori indomiti, & attaccandoal collo di uno di essi una lettera diretta
al Superiore di Paterno, comanda loro,
che vadano a rassegnarseli, in servigiodi quel Monastero: Quindi essi
ubbidienti traghettano di Sicilia in Calavria,
passando a nuoto un tratto di Mare
di quaranta miglia, e camminandonecento, e venti in circa per terra,
giungono a Paterno, e si consegnanoubbidienti a quel Correttore.
Degli spumosi Tori, Agnello dolce,
Piega Francesco i colli, e riverentiLi rende al suo comando ubbidïenti:
L'innocenza il Furor placida molce.
CCXV.
Tramuta l'acqua salsa del Mare
in dolcissima.
Se passa il Mar l'onda ne frena amara,
E di Lion fa divenirlo Agnello:
Se ne la Terra sta l'humor di quelloDal di lui Spirto la Dolcezza impara.
CCXVI.
Ritorna in Paterno, dove fa, in un solgiorno; Trecento Miracoli.
Francesco, com'il Sol, di più rai splende,
Benché Minimo più ne l'Auge; e spandeFulgide meraviglie, ognor più Grande;
E quanto s'alza più, tanto più accende.
[506]CCXVII.
Predice fra le altre sue innumerabiliProfetie, la Libertà della
Republica Serenissima
di Genova.
A la Regia Città, che Italia honora,
E difende, fregiata ognor di Gloria.
La Libertà predice, ond'ha Vittoria
La Valorosa de' Nemici ognora.
CCXVIII.
Si rende più volte invisibile in Italia;
& in Francia.
Benché calchi la Terra humile il piedeDi Francesco, il suo cor gli Astri sorvòla
Ma se talor sua Salma agli occhi invòla,
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