SALV. L'aver voi maggior difficultà in questa che nell'altre instanze, pare a me che dependa dall'esser gli uccelli animati, e poter per ciò usar forza a lor piacimento contro al primario moto ingenito nelle cose terrene, nel modo appunto che gli veggiamo, mentre son vivi, volar anco all'insú, moto impossibile ad essi come gravi, dove che morti non posson se non cadere a basso; e perciò stimate voi che le ragioni che hanno luogo in tutte le sorti de i proietti detti di sopra, non possano averlo ne gli uccelli; e quest'è verissimo, e perché è vero, però non si vede, signor Sagredo, fare a quei proietti quel che fanno gli uccelli: ché se voi dalla cima della torre lascerete cadere un uccel morto e un vivo, il morto farà quell'istesso che fa una pietra, cioè seguiterà prima il moto generale diurno, e poi il moto a basso, come grave; ma se l'uccello lasciato sarà vivo, chi gli vieta che, restando sempre in lui il moto diurno, e' non si getti, co 'l batter le ale, verso qual parte dell'orizonte piú gli piacerà? e questo nuovo moto, come suo particolare e non participato a noi, ci si deve far sensibile. E quando e' si sia co 'l suo volo mosso verso occidente, chi gli ha da vietare che con altrettanto batter di penne e' non ritorni in su la torre? Perché, finalmente, lo spiccar il volo verso ponente non fu altro che un detrar dal moto diurno, che ha, verbigrazia, dieci gradi di velocità, un sol grado, onde glie ne rimanevano nove, mentre volava; e quando si fusse posato in terra, gli ritornavano i dieci comuni, a i quali co 'l volar verso levante poteva aggiugnerne uno, e con li undici ritornar su la torre: ed in somma, se noi ben considereremo e piú intimamente contempleremo gli effetti del volar de gli uccelli, non differiscono in altro da i proietti verso tutte le parti del mondo, salvo che nell'esser questi mossi da un proiciente esterno, e quelli da un principio interno.
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Sagredo
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