SALV. Questo è il primo argomento che Aristotile e Tolomeo e tutti i lor seguaci producono: al quale si è abbondantemente risposto, e mostrato il paralogismo, ed assai apertamente dichiarato come il moto comune a noi ed a gli altri mobili è come se non fusse. Ma perché le conclusioni vere hanno mille favorevoli rincontri che le confermano, voglio, in grazia di questo filosofo, aggiunger qualche altra cosa; e voi, signor Simplicio, facendo la parte sua, rispondetemi alle domande. E prima, ditemi: che effetto fa in voi quella pietra la quale, cadendo dalla cima della torre, è cagione che voi di tal movimento vi accorgiate? perché se 'l suo cadere nulla di piú o di nuovo operasse in voi di quello che si operava la sua quiete in cima della torre, voi sicuramente non vi accorgereste della sua scesa, né distinguereste il suo muoversi dal suo star ferma.
SIMP. Comprendo il suo discendere in relazione alla torre, perché or la veggo a canto a un tal segno di essa torre, poi ad un basso, e cosí successivamente, sin che la scorgo giunta in terra.
SALV. Adunque, se quella pietra fusse caduta da gli artigli d'una volante aquila e scendesse per la semplice aria invisibile, e voi non aveste altro oggetto visibile e stabile con chi far parallelo di quella, non potreste il suo moto comprendere?
SIMP. Anzi pur me n'accorgerei, poiché, per vederla mentre è altissima, mi converrebbe alzar la testa, e secondo ch'ella venisse calando, mi bisognerebbe abbassarla, ed in somma muover continuamente o quella o gli occhi, secondando il suo moto.
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Aristotile Tolomeo Simplicio
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