Arebbe qualche momento, benché debolissimo, l'argomento dell'autore, se egli ci avesse assicurati che l'altezza del polo fusse stata assegnata precisa e emendata dall'error dependente dalla refrazione, dal quale non si fussero poi guardati i medesimi astronomi nell'assegnarci l'altezze della stella nuova; ma egli di ciò non ci ha fatti sicuri, né forse ce ne poteva fare, e forse (e questo è piú credibile) tal cautela è stata tralasciata da gli osservatori.
SAGR. Parmi soprabbondantemente annullata questa instanza; però ditemi in qual maniera e' si libera poi da quell'aver mantenuta sempre la medesima distanza dalle stelle fisse sue circonvicine.
SALV. Apprendendosi similmente a due fili ancor piú deboli dell'altro, l'uno de' quali è pur legato alla refrazione, ma tanto men saldamente, quanto e' dice che, pur la refrazione operando nella stella nuova e sublimandola sopra il vero sito, rende incerte le distanze vedute dalle vere, comparate alle stelle fisse sue vicine; né posso a bastanza maravigliarmi come e' dissimuli d'accorgersi che la medesima refrazione lavorerà nell'istesso modo nella stella nuova che nell'antica, sua vicina, sublimando amendue egualmente, onde da tale accidente l'intervallo tra esse resti inalterato. L'altro refugio è ancora piú infelice e tiene assai del ridicolo, fondandosi sopra l'errore che può nascere nell'operazione stessa strumentale, mentre che l'osservatore, non potendo costituire il centro della pupilla dell'occhio nel centro del sestante (strumento adoprato nell'osservare gl'intervalli tra due stelle), ma tenendolo elevato sopra detto centro quant'è la distanza di essa pupilla da non so che osso della gota, dove s'appoggia il capo dello strumento, si viene a formar nell'occhio un angolo piú acuto di quello che si forma da i lati del sestante: il qual angolo de' raggi differisce anco da se stesso, mentre si riguardano stelle poco elevate sopra l'orizonte e le medesime poi poste in grande altura.
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