SAGR. Voglio pur io ancora, per ultimo sigillo, dirvi un particolare, che mi par che vi sia incognito, e che pur viene in confermazion della medesima conclusione. Voi, signor Salviati, avete prodotto quell'accidente che trovano i naviganti dentro a i tropici, dico quella costanza perpetua del vento che gli vien da levante, del quale io ho relazione da chi piú volte ha fatto quel viaggio; e di piú (ch'è cosa notabile) intendo che li marinari non lo chiamano vento, ma con altro nome che ora non mi sovviene, preso forse dal suo tenore tanto fermo e costante, che, quando l'hanno incontrato, legano le sarte e l'altre corde delle vele, e senza mai piú aver bisogno di toccarle, ancora dormendo, con sicurezza posson far lor cammino. Ora, questa aura perpetua è stata conosciuta per tale dal suo continuo spirare senza interrompimenti; ché quando da altri venti fusse interrotta, non sarebbe stata conosciuta per effetto singolare e differente da gli altri: dal che voglio inferire che potrebbe esser che anche il mar nostro Mediterraneo fusse partecipe d'un tale accidente, ma non osservato, come quello che frequentemente vien alterato da altri venti sopravegnenti. E questo dico io non senza gran fondamento, anzi con molto probabili conietture, le quali mi vengono da quello che ho avuto occasione d'intender mediante il viaggio che feci in Soria, andando consolo della Nazione in Aleppo: e quest'è, che tenendosi particolar registro e memoria de i giorni delle partenze e de gli arrivi delle navi ne i porti di Alessandria, d'Alessandretta e qui di Venezia, nel riscontrarne molti e molti, il che feci per mia curiosità, trovai che ragguagliatamente i ritorni in qua, cioè le navigazioni da levante verso ponente, per il Mediterraneo si fanno in manco tempo che le contrarie, a ragion di 25 per cento; talché si vede che sottosopra i venti da levante son piú potenti che quei da ponente.
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