Quanto alle occupazioni della mente, non mi è mancato che fare, a difendermi con la lingua e con la penna da infiniti contradittori e oppositori contro alle mie osservazioni; sebbene non me la sono né anco presa con quell'ardore che pareva a molti che contro all'ardire degli opponenti fusse bisognato, essendoché ero certo che il tempo averebbe chiarite tutte le partite, siccome in gran parte è sin qui succeduto. Poiché i matematici di maggior grido di diversi paesi, e di Roma in particolare, dopo essersi risi, ed in scrittura ed in voce, per lungo tempo e in tutte le occasioni e in tutti i luoghi, delle cose da me scritte, ed in particolare intorno alla luna ed ai Pianeti Medicei, finalmente, forzati dalla verità, mi hanno spontaneamente scritto, confessando ed ammettendo il tutto: talché al presente non provo altri contrari che i Peripatetici, più parziali di Aristotele che egli medesimo non sarebbe, e sopra gli altri quelli di Padova, sopra i quali io veramente non spero vittoria. Queste occupazioni non mi hanno però interamente rimosso dalle inquisizioni celesti, sì che io non abbia potuto investigare qualche altra cosa di nuovo: di che devo far parte a V. S. molto R., e per lei a quei miei Signori e Padroni che ella sa che sono per sentirla volentieri.
Parmi ricordare che sino l'Agosto passato io conferissi seco l'osservazione di Saturno: il quale non è altramente una sola stella, come gli altri pianeti, ma sono tre, congiunte insieme in linea retta parallela all'equinoziale; e stanno così oOo, cioè la media circa quattro volte maggiore delle laterali, le quali sono tra di loro eguali.
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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 265 |
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