Ho anco taciuto su la speranza di potere dar qualche satisfazione alla domanda di V. S. intorno alle macchie solari, sopra il quale argomento ella mi ha mandato quei brevi discorsi del finto Apelle; ma la difficoltà della materia e 'l non avere io potuto far molte osservazioni continuate mi hanno tenuto e tengono ancora sospeso ed irresoluto: ed a me conviene andare tanto più cauto e circospetto, nel pronunziare novità alcuna, che a molti altri, quanto che le cose osservate di nuovo e lontane da i comuni e popolari pareri, le quali, come ben sa V. S., sono state tumultuosamente negate ed impugnate, mi mettono in necessità di dovere ascondere e tacere qual si voglia nuovo concetto, sin che io non ne abbia dimostrazione più che certa e palpabile; perché da gl'inimici delle novità, il numero de i quali è infinito, ogni errore, ancor che veniale, mi sarebbe ascritto a fallo capitalissimo, già che è invalso l'uso che meglio sia errar con l'universale, che esser singolare nel rettamente discorrere. Aggiugnesi che io mi contento più presto di esser l'ultimo a produrre qualche concetto vero, che prevenir gli altri per dover poi disdirmi nelle cose con maggior fretta e con minor considerazione profferite. Questi rispetti mi hanno reso lento in risponder alle domande di V. S. Illustrissima, e tuttavia mi fanno timido in produrre altro che qualche proposizion negativa, parendomi di saper più tosto quello che le macchie solari non sono, che quello che elleno veramente siano, ed essendomi molto più difficile il trovar il vero, che 'l convincere il falso.
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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 265 |
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Apelle S. Illustrissima
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