Ma perché la Terra è oscura, e l'illuminazione viene dal lume esterno del Sole, se ora potesse da lontanissimo luogo esser veduta, non si vedrebbe assolutamente in lei negrezza o macchia alcuna cagionata dallo spargimento delle nugole, perché queste ancora riceverebbono e refletterebbono il lume del Sole. [...]Da queste osservazioni e da altre fatte, e da quelle che potranno di giorno in giorno farsi, manifestamente si raccoglie, niuna materia esser tra le nostre, che imiti più gli accidenti di tali macchie, che le nugole: e le ragioni che Apelle adduce per mostrar che le non possin esser tali, mi paiono di pochissima efficacia. Perché al dir egli: «Chi porrebbe mai nubi intorno al Sole?», risponderei: «Quello che vedesse tali macchie, e che volesse dir qualche verisimile della loro essenza; perché non troverà cosa alcuna da noi conosciuta che più le rassimigli.» All'interrogazione ch'ei fa, quant'esse fussero grandi, direi: «Quali noi le veggiamo essere in comparazione del Sole; grandi quanto quelle che talvolta occupano una gran provincia della Terra»; e se tanto non bastasse, direi due, tre, quattro e dieci volte tanto. E finalmente, al terzo impossibile ch'ei produce, come esse potessero far tant'ombra, risponderei, la lor negrezza esser minore di quella che ci rappresenterebbono le nostre nugole più dense, quando tra l'occhio nostro ed il Sole fossero interposte: il che si potrà osservare benissimo, quando tal volta una delle più oscure nugole ricuopre una parte del Sole, e che nella parte scoperta vi sia alcuna delle macchie, perché si scorgerà tra la negrezza di questa e di quella non piccola differenza, ancor che l'estremità della nugola, che traversa il Sole, non possa esser di gran profondità; perloché possiamo arguire che una crassissima nugola potrebbe far una negrezza molto maggiore di quella delle più scure macchie.
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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 265 |
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