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      Or qui desidererei bene che Apelle non continuasse di reputarmi per uomo così vano e leggiero, che non solo i' avessi palesate ed offerte al mondo macchie ed ombre per istelle, ma, quello che più importa, avessi dedicato alla gloria di sì gran Principe qual è il Serenissimo Gran Duca mio Signore, ed all'eternità di casa tanto regia, cose momentanee instabili e transitorie. Replicogli per tanto, che i quattro pianeti Medicei sono stelle vere e reali, permanenti e perpetue come l'altre, né si perdono o ascondono se non quanto si congiungono tra loro o con Giove, o si oscurano tal volta per poche ore nell'ombra di quello, come la Luna in quella della Terra: hanno i lor moti regolatissimi ed i lor periodi certi, li quali se egli non ha potuto investigare, forse non vi si è affaticato quanto me, che dopo molte vigilie pur li guadagnai, e già gli ho palesati con le stampe nel proemio del mio trattato Delle cose che stanno su l'acqua o che in quella si muovono, come V. S. arà potuto vedere; ed acciò che Apelle possa tanto maggiormente deporre ogni dubbio, io mando a V. S. le costituzioni future per due mesi, cominciando dal dì primo di Marzo 1613, con le annotazioni de i progressi e mutazioni che d'ora in ora son per fare, le quali egli potrà andar incontrando, e troveralle rispondere esattamente, se già non mi sarà per inavvertenza occorso qualche errore nel calcolarle. Desidero appresso, che con nuova diligenza torni ad osservarne il numero che troverà non esser più di 4: e quella quinta che e' nomina, fu senz'altro una fissa, e le conietture dalle quali e' si lasciò sollevare a stimarla errante, ebbero per lor fondamento varie fallacie; conciosia cosa che le sue osservazioni, primieramente sono errate bene spesso, come io veggo da' suoi disegni, perché lasciano qualche stella che in quelle ore fu cospicua: secondariamente, gl'interstizi tra di loro e rispetto a Giove sono errati quasi tutti, per mancamento, com'io credo, di modo e di strumento da potergli misurare; terzo, vi sono grandi errori nella permutazione delle stelle, scambiandole il più delle volte l'una dall'altra e confondendo le superiori con l'inferiori, senza riconoscerle di sera in sera; le quali cose gli sono state causa dell'inganno.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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