Io ho già scoperto il concorso continuo di alcune materie tenebrose sopra il corpo solare, dove elleno si mostrano al senso sotto aspetto di macchie oscurissime, ed ivi poi si vanno consumando e risolvendo; ed accennai come queste per avventura si potrebbono stimar parte di quel pabulo, o forse gli escrementi di esso, del quale il Sole da alcuni antichi filosofi fu stimato bisognoso per suo sostentamento. Ho anco dimostrato, per l'osservazioni continuate di tali materie tenebrose, come il corpo solare per necessità si rivolge in sé stesso, e di più accennato quanto sia ragionevol il creder che da tal rivolgimento dependino i movimenti de' pianeti intorno al medesimo Sole. Di più, noi sappiamo che l'intenzione di questo Salmo è di laudare la legge divina, paragonandola il profeta col corpo celeste, del quale, tra le cose corporali, nissuna è più bella, più utile e più potente. Però, avendo egli cantati gli encomii del Sole e non gli essendo occulto che egli fa raggirarsi intorno tutti i corpi mobili del mondo, passando alle maggiori prerogative della legge divina e volendola anteporre al Sole, aggiunge: «Lex Domini immaculata, convertes animas» etc.; quasi volendo dire che essa legge è tanto più eccellente del Sole istesso, quanto l'esser immaculato ed aver facoltà di convertire intorno a sé le anime è più eccellente condizione che l'essere sparso di macchie, come è il Sole, ed il farsi raggirar attorno i globi corporei e mondani.
So e confesso il mio soverchio ardire nel voler por bocca, essendo imperito nelle Sacre Lettere, in esplicar sensi di sì alta contemplazione: ma come che il sottomettermi io totalmente al giudizio de' miei superiori può rendermi scusato, così quel che segue del versetto già esplicato, «Testimonium Domini fidele, sapientiam præstans parvulis», m'ha dato speranza, poter esser che la infinita benignità di Dio possa indirizzare verso la purità della mia mente un minimo raggio della sua grazia, per la quale mi si illumini alcuno de' reconditi sensi delle sue parole.
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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 265 |
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