Di V. S. Ill.ma
Dev.mo e Obblig.mo Ser.reGalileo Galilei
XVII
A FRANCESCO BARBERINI IN ROMA
(Firenze, 13 ottobre 1632)
Emin.mo e Rev.mo Sig.re e Pad.e Col.mo
Che il mio Dialogo, Em.mo e Rev.mo Sig.re, ultimamente pubblicato fusse per aver dei contradittori, fu previsto da me e da tutti gl'amici miei, perché così ne assicuravano gl'incontri dell'altre mie opere per avanti mandate alle stampe, e perché così pare che comunemente portino seco le dottrine le quali dalle comuni e inveterate opinioni punto punto si allontanano. Ma che l'odio di alcuni contra di me e le mie scritture, solo perché adombrano in parte lo splendor delle loro, dovesse esser potente a imprimer nelle menti santissime dei superiori, questo mio libro esser indegno della luce, mi giunse veramente inaspettato; perloché il comandamento che due mesi fa si dette qua allo stampatore e a me, di non lasciare uscir fuori tal mio libro, mi fu avviso assai grave. Tuttavia di gran sollevamento mi era la purità della mia coscienza, la quale mi persuadeva, non mi dovere esser difficile il manifestar l'innocenza mia: e ben desideravo e speravo che mi dovesse esser dato campo di poter sincerarmi; e mi confidavo nel medesimo tempo, che la mia umiltà, reverenza, summissione, e assolutissima autorità conceduta sopra tutti i miei concetti, fusse stata potente a rappresentare a i prudentissimi superiori la mia prontezza all'obbedire esser tale, che potesse rendergli sicuri che io ad ogni minimo cenno mi sarei mosso per venire non solo a Roma, ma in capo al mondo.
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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 265 |
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