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      Ma finalmente, quando non si voglino accettare mie giustificazioni in scritture, ma si voglia la viva voce, qui sono Inquisitore, Nunzio, Arcivescovo e altri ministri di S.ta Chiesa, ai quali sono prontissimo ch presentarmi ad ogni richiesta: e pur mi sembra verisimile che anco cause di maggiore affare si trattano avanti questi tribunali; né può parer verisimile che sotto a gl'occhi perspicacissimi e zelantissimi di quelli che veddero il mio libro, con liberissima autorità di levare, aggiugnere e mutare ad arbitrio loro, possa esser passato errore di tanto momento, senza esser veduto, che ecceda la facoltà d'esser corretto e gastigato da i superiori di questa città.
      Questi, Em. S. sono i partiti che per salvezza della mia vita e per sodisfazione di cotesto eccelso e venerando Tribunale mi sovvengono. Prego la benignità sua che voglia rappresentargli, con scusare insieme se per mia ignoranza vi avessi commesso veruno errore. E per ultima conclusione, quando né la grave età, né le molte corporali indisposizioni, né afflizzion di mente, né la lunghezza di un viaggio per i presenti sospetti travagliosissimo, siano giudicate da cotesto sacro e eccelso Tribunale scuse bastanti ad impetrar dispensa o proroga alcuna, io mi porrò in viaggio, anteponendo l'ubbidire al vivere. E qui, Em.mo e Rev.mo Sig.re, con ogni umiltà inchinandomi, gli bacio la veste e prego il colmo di felicità.
     
      Di Firenze, li 13 di Ottobre 1632.
     
      Di V. Em.za Rev.maUm.mo e Obb.mo Servo
      Galileo Galilei.
     
     
      XVIII
     
      A CESARE MARSILI IN BOLOGNA


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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