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      (Firenze, 16 ottobre 1632)
     
      Ill.mo Sig.re e Pad.ne Col.mo
     
      Sono poco meno di 2 mesi che il P. Inquisitore di qui commesse, di ordine del R.mo P. Maestro del Sacro Palazzo di Roma, al libraio e a me, che non dovessimo dar fuora più copie del mio Dialogo sino ad altro avviso: e questa fu la prima conferma di una acerbissima persecuzione, che poco avanti avevo inteso che si andava machinando contro di me e 'l mio libro; la quale persecuzione è andata pigliando tanto vigore, che finalmente, 15 giorni sono, mi venne una intimazione dalla S. Congregazione del S.to Offizio, che per tutto questo mese io debba presentarmi a quello eccelso Tribunale. Tale avviso mi affligge gravemente, non perché io non sperassi di potermi appieno giustificare e far palese la mia innocenzia e santissimo zelo verso S.ta Chiesa; ma la grave età, accompagnata con molte corporali indisposizioni, con la giunta di questo travaglio di mente, in un viaggio lungo e travagliosissimo per i presenti sospetti, mi rendono quasi che sicuro che io non mi vi potrei condur con la vita. Ho fatto ogni opera per ottener di sincerarmi con scritture, o vero che la causa mia sia veduta qui, dove sono ministri di S.ta Chiesa; e sto aspettando qualche resoluzione. Intanto ne ho voluto dar conto a V. S. Ill.ma, come a mio padrone affezionatissimo e che so che compassionerà questo mio infortunio.
      Ricevei una lunga lettera dal molto R. Padre Buonaventura, piena di scuse, le quali veramente non erano necessarie, perché io non ho mai auto dubbio deila sua bonissima intenzione, ma mi dolevo della mia disgrazia, che mi arrecava disgusto contro alla volontà e opinione di chi me lo cagionava.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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