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      Desidero che le mie monache vegghino questa, e Vincenzio ancora.
     
      Roma, 23 di Aprile 1633.
      Di V. S. molto I.
     
      Par.te e Serv.re Obblig.moG. G.
     
     
     
      XXI
     
      AD ANDREA CIOLI IN FIRENZE
     
      (Siena, 23 luglio 1633)
     
      Ill.mo Sig.re e Pad.n Col.mo
     
      Non ho passato ordinario senza scrivere al S. Geri Bocchineri intorno a i progressi del mio negozio, il quale non averà passato accidente alcuno di momento senza participarlo a V. S. Ill.ma, ché tale era il nostro appuntamento; e però rare volte ho scritto a lei in proprio, in riguardo anco alle molte e continue sue occupazioni da non doversi accresciere senza necessità. Gli scrivo adesso, spinto dal desiderio di liberarmi dal lungo tedio di una carcere di più di 6 mesi già passati a giunta al travaglio e afflizzion di mente di un anno intero, e anco non senza molti incomodi e pericoli corporali; e tutto addossatomi per quei miei demeriti che son noti a tutti, fuor che a quelli che mi hanno di questo e di maggior castigo giudicato colpevole. Ma di questo altra volta.
      Il tempo della mia carcerazione non ha altro limite che la volontà di S. S.tà, la quale, alle richieste e intercessioni del S. Amb.re Niccolini, si contentò che in luogo delle carcere del S.to Offizio mi fusse assegnato il palazzo e giardino de' Medici alla Trinità, dove stetti alcuni giorni; fatta poi, per alcuni miei rispetti, nuova instanza dal medesimo S. Ambasciatore, fui rimesso qui in Siena nell'Arcivescovado, dove sono da 15 giorni in qua tra gl'inesplicabili eccessi di cortesia di questo Ill.mo Arcivescovo.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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