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      E già che noi non possiamo mettere a petto a petto il candor della Luna ed il lume di Luna in terra, parmi che assai sicuramente potremmo giudicare tra essi facendo parallelo di amendue ad un terzo lume di un corpo illuminato: imperoché se accadesse che lo splendore di questo terzo superasse il lume di Luna, ma fusse superato dal candor della Luna, senza dubbio credo che potremmo asserire, il candor della Luna superare il lume di Luna in terra. Mi si rappresenta, atto mezo termine per ciò fare esser lo splendore del crepuscolo, facendo comparazione ad esso del lume de gli altri due. Tramontato che sia il Sole, vedesi rimanere per buono spazio di tempo la superficie della Terra assai chiara, mercé del crepuscolo, cioè molto più che quando è illustrata dalla Luna piena; il che manifestamente si scorge dal veder noi qualsivoglino minuzie in terra molto più distintamente in virtù del crepuscolo, che non si scorgono, passato esso, nell'illuminazione della Luna. Il quale effetto anco apertamente si conferma: perché se averemo in Terra qualche corpo oscuro, come, per esempio, una colonna o la nostra persona medesima, la illuminazione della Luna piena non farà far ombra in Terra a esso corpo tenebroso sin che il lume del crepuscolo non sarà di molto scemato, cioè sin tanto che il lume della Luna gli prevaglia; segno evidente, questo della Luna esser a quello, da principio e per lungo spazio di tempo, assai inferiore. Ma aggiunghiamo un'altra esperienzia, che pure ci conferma, l'illuminazione del crepuscolo superare di assai l'illuminazione del plenilunio.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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