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      Se dunque è stato veduto nella totale eclisse la Luna alquanto lucida, e perciò stimata trasparente, questo non poteva derivare se non dal reflesso dell'emisferio terrestre, dal Sole illuminato, del quale solo restando piccola parte ottenebrata dal cono dell'ombra lunare, il rimanente, cioè la parte grandissima, ben continuava di conservare il candore nella Luna. Quanto poi a quello che il signor Liceti scrive, che un corpo lucido minore, congiunto con un lucido maggiore, non impedisce la sua illuminazione; per dichiarazione di che egli induce una fiaccola o una maggior famma ardente, copulata coi raggi del Sole, o vero due specchi, nel minor dei quali, collocato nei raggi solari da un altro maggiore siano reflessi i medesimi raggi, niente leva la illuminazione alla vista; qui liberamente confesso la mia incapacità, e duolmi assai di non poter cavare costrutto dal discorso che qui vien portato, il quale stimo che sia pieno di ben salda dottrina, e duolmi di non poterne esser partecipe: concederò bene il tutto, se però l'intenzione dell'Autore è stata quella che io conietturalmente posso imaginarmi.
      Dico adunque che interamente presterò il mio assenso, che sopraggiungendo ad un gran lume un lume minore, detrimento nessuno può ad esso maggiore sopravenire dalla aggiunta del minore, tuttavolta che questo minore sia schietto e puro, e non congiunto con qualche corpo opaco, il quale con la sua opacità sia potente a impedire la strada per la quale viene il maggior lume. Mi dichiaro, stando nei medesimi termini dei quali si tratta.


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Lettere
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 265

   





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