Neque hic miretur Marius, Consule se prætermisso, cum Galilæo rem transigi. Primum, enim, Galilæus ipse, in litteris ad amicos Romam datis, satis aperte disputationem illam ingenii sui ftum fuisse profitetur; deinde, cum idem Marius peringenue fateatur, non sua se inventa, sed quæ Galilæo veluti dictante excepisset, summa fide protulisse, patietur, arbitror, non inique, cum Dictatore potius me de iisdem, quam cum Consule, interim disputare."
In tutto questo restante del proemio io noto primamente, come il Sarsi pretende d'aver fatto cosa grata a molti colla sua impugnazione: e questo forse può essergli accaduto con alcuni che non abbiano per avventura letta la scrittura del signor Mario, ma se ne sieno stati all'informazion sua; la quale venendo fatta privatamente e (come si dice) a quattr'occhi, quanto e quanto sarà ella stata lontana dalle cose scritte, poi che in questa publica e stampata ei non s'astiene d'apportar in campo moltissime cose come scritte dal signor Mario, le quali non furon mai né nella sua scrittura né pur nella nostra imaginazione? Soggiunge poi, volersi astenere da quelle parole che danno indizio più tosto d'animo innasprito ed adirato, che di scienza: il che quanto egli abbia osservato, vedremo nel progresso. Ma per ora noto la sua confessione, d'essere internamente innasprito ed in collera, perché quando ei non fusse tale, il trattar di questo volersi astenere sarebbe stato non dirò a sproposito, ma superfluo, perché dove non è abito o disposizione, l'astinenza non ha luogo.
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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 290 |
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