Unus igitur ex omnibus Tycho supererat, quem nobis ignotas inter astrorum vias ducem adscisceremus. Cur igitur Magistro meo ipse succenseat, qui illum non aspernatur? Frustra hic Senecam invocat Galilæus, frustra hic luget nostri temporis calamitatem, quod vera ac certa mundanarum partium dispositio non teneatur, frustra sæculi huius deplorat infortunium, si nil habeat quo hanc ipsam ætatem, hoc saltem nomine eius suffragio miseram, fortunet magis".
Da quanto il Sarsi scrive in questo luogo, mi par di comprendere ch'ei non abbia con debita attenzione letto non solo il Discorso del signor Mario, ma né anco quello del P. Grassi, poi che e dell'uno e dell'altro adduce proposizioni che in quelli non si ritrovano. Ben è vero che per aprirsi la strada a poter riuscire a toccarmi non so che di Copernico, egli avrebbe avuto bisogno che le vi fussero state scritte; onde, in difetto, l'ha volute supplir del suo.
E prima, non si trova nella scrittura del signor Mario buttato, come si dice, in occhio, né attribuito a mancamento al P. Grassi l'aver giurato fedeltà a Ticone e seguitate in tutto e per tutto le sue vane machinazioni. Ecco i luoghi citati dal Sarsi. Alla fac. 18: "Appresso verrò al professor di matematica del Collegio Romano, il quale in una sua scrittura ultimamente publicata pare che sottoscriva ad ogni detto d'esso Ticone, aggiungendovi anco qualche nuova ragione a confermazion dell'istesso parere". L'altro luogo a fac. 38: "Il matematico del Collegio Romano ha parimente per quest'ultima cometa ricevuto la medesima ipotesi; e a così affermare, oltre a quel poco che n'è scritto dall'Autore, che consuona colla posizion di Ticone, m'induce ancora il vedere in tutto il rimanente dell'opera quanto ei concordi coll'altre ticoniche immaginazioni". Or vegga V. S. Illustrissima se qui s'attribuisce cosa veruna a vizio e mancamento.
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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 290 |
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