Ma ritornando alla materia, che diremo dell'altra fallacia con tanta sottigliezza scoperta dal Sarsi, nel chiamar noi accrescimento quello d'un oggetto che d'invisibile si fa, col telescopio, visibile? il quale, dic'egli, non si può chiamare accrescimento, perché l'accrescimento suppone prima qualche quantità, e l'accrescersi non è altro che di minore farsi maggiore. A questo veramente io non saprei che altro dirmi, per iscusa del signor Mario, se non ch'egli se n'andò alla buona, come si dice; e credendo che la facoltà del telescopio colla quale ei ci rappresenta quelli oggetti i quali senz'esso non iscorgevamo, fusse la medesima che quella colla quale anco i veduti avanti ci rappresenta maggiori assai, e sentendo che questa communemente si chiamava uno accrescimento della specie o dell'oggetto visibile, si lasciò traportare a chiamare quella ancora nell'istesso modo; la quale, come ora ci insegna il Sarsi, si doveva chiamar non accrescimento, ma transito dal non essere all'essere. Sì che quando, verbigrazia, l'occhiale ci fa da una gran lontananza legger quella scrittura della quale senz'esso noi non veggiamo se non i caratteri maiuscoli, per parlar logicamente si deve dire che l'occhiale ingrandisce le maiuscole, ma quanto alle minuscole fa lor far transito dal non essere all'essere. Ma se non si può senza errore usar la parola accrescimento dove non si supponga prima alcuna cosa in atto, che debba riceverlo, forse che la parola transito o trapasso non verrà troppo più veridicamente usurpata dal Sarsi dove non sieno due termini, cioè quello donde si parte e l'altro dove si trapassa.
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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 290 |
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