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      Ma chi sa che il signor Mario non avesse ed abbia opinione che degli oggetti, ancor che lontanissimi, le specie pure arrivino a noi, ma sotto angoli così acuti che restino al senso nostro impercettibili e come nulle, ancor ch'elle veramente sieno qualche cosa (perché, s'io devo dire il mio parere, stimo che quando veramente elle fusser niente, non basterebbon tutti gli occhiali del mondo a farle diventar qualche cosa); sì che le specie altresì delle stelle invisibili sieno, non meno che quelle delle visibili, diffuse per l'universo, e che in conseguenza si possa anco di quelle, con buona grazia del Sarsi e senza error di logica, predicar l'accrescimento? Ma perché vo io mettendo in dubbio cosa della quale io ho necessaria e sensata prova? Quel fulgore ascitizio delle stelle non è realmente intorno alle stelle, ma è nel nostro occhio; sì che dalla stella vien la sola sua specie, nuda e terminatissima. Sappiamo di sicuro ch'una nubilosa non è altro che uno aggregato di molte stelle minute, invisibili a noi; con tutto ciò non ci resta invisibile quel campo che da loro è occupato; ma si dimostra in aspetto d'una piazzetta biancheggiante, la qual deriva dal congiungimento de' fulgori di che ciascheduna stellina s'inghirlanda: ma perché questi irraggiamenti non sono se non nell'occhio nostro, è necessario che ciascheduna specie di esse stelline sia realmente e distintamente nell'occhio. Di qui si cava un'altra dottrina, cioè che le nubilose, ed anco tutta la Via Lattea, in cielo non son niente, ma sono una pura affezzione dell'occhio nostro; sì che per quelli che fussero di vista così acuta che potesser distinguer quelle minutissime stelle, le nubilose e la Via Lattea non sarebbono in cielo.


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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 290

   





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