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      Ma se il Sarsi o altri stimano che la certezza della conclusione arrechi grand'aiuto al ritrovare il modo del ridurla all'effetto, leggano l'istorie, ché ritroveranno essere stata fatta da Archita una colomba che volava, da Archimede uno specchio che ardeva in grandissime distanze ed altre macchine ammirabili, da altri essere stati accesi lumi perpetui, e cento altre conclusioni stupende; intorno alle quali discorrendo, potranno, con poca fatica e loro grandissimo onore ed utile, ritrovarne la costruzzione, o almeno, quando ciò lor non succeda, ne caveranno un altro beneficio, che sarà il chiarirsi meglio, che l'agevolezze che si promettevano da quella precognizione della verità dell'effetto, era assai meno di quel che credevano.
      Ma ritorno a quel che segue scrivendo il Sarsi, dove destreggiando, per non si ridurre a dire che l'argomento preso dal minimo ingrandimento degli oggetti remotissimi non val nulla, perch'è falso, dice che di quello non n'ànno mai fatta molta stima; il che manifesta egli dall'averlo il suo Maestro scritto con assai brevità, dove che gli altri due argomenti si veggono distesi ed amplificati senza risparmio di parole. Al che io rispondo che non dalla moltitudine, ma dall'efficacia delle parole si deve argumentar la stima che altri fa delle cose dette: e, come ogn'un sa, vi sono delle dimostrazioni che per lor natura non possono esser senza lunghezza spiegate, ed altre nelle quali la lunghezza sarebbe del tutto superflua e tediosa; e qui, se si deve aver riguardo alle parole, l'argomento è portato con quante bastavano alla sua spiegatura chiara e perfetta.


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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 290

   





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