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      Ma se il senso di questo essempio è quale mi si rappresenta, e qual anco convien che sia se ha da quadrar bene al concetto essemplificato, io son di parere molto diverso da questo del Sarsi. Imperocché a me pare ch'in sostanza ei voglia che l'angolo visuale, nell'allontanarsi l'oggetto, si vada ben continuamente diminuendo, ma sempre successivamente con minor proporzione, sì che oltre a una gran lontananza, per molto che l'oggetto si discosti ancora, poco più si diminuisca l'angolo: ma io son di contrario parere, e dico che la diminuzione dell'angolo si va facendo sempre con maggior proporzion, quanto più l'oggetto s'allontana. E per più facilmente dichiararmi, noto primieramente, che il voler determinar le grandezze apparenti degli oggetti visibili colle quantità degli angoli sotto i quali quelle ci si rappresentano, è ben fatto nel trattar di parti di alcuna circonferenza di cerchio nel centro del quale sia collocato l'occhio; ma trattandosi di tutti gli altri oggetti, è errore: imperocché l'apparenti grandezze, non dagli angoli visuali, ma dalle corde degli archi suttesi a detti angoli si deono determinare; e queste tali apparenti quantità si vanno sempre diminuendo puntualissimamente con proporzion contraria di quella delle lontananze; sì che il diametro, verbigrazia, d'un cerchio, veduto in distanza di cento braccia, mi si rappresenta giusto la metà di quello che m'apparrebbe dalla distanza di braccia cinquanta, e veduto in distanza di mille braccia mi parrà doppio che se sarà lontano dumila, e così sempre in tutte le lontananze; né mai accaderà ch'egli per qualsivoglia grandissima distanza m'apparisca così piccolo, ch'ei non mi paia ancora la metà da dupplicata lontananza.


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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 290

   





Sarsi