Del sostenersi, dunque, detti argini altra ne è la cagione che l'aderenza dell'aria alla superficie d'essa falda: e noi veggiamo frequentissimamente gran pezzi d'acqua sostenersi in particolare sopra le foglie de i cavoli e d'altre erbe ancora, in figure colme e rilevate, in maggiore altezza assai che quella degli arginetti che circondano la falda notante.
All'ultima prova, dov'ei vuole che il premere o aggravare, senz'altra aderenza, sia mezo bastante a far ch'un corpo segua l'altro, com'egli essemplifica di due tavole di pietra ben liscie poste l'una sopra l'altra, delle quali la superiore e premente segue il moto dell'inferiore che venga tirata verso qualche parte, io concedo l'esperienza, ma non veggo ch'ella abbia che far nel caso nostro: prima, perché noi trattiamo d'un corpo liquido e sottile, le cui parti non ànno tal connessione insieme, che al moto d'una si debba muovere il tutto, come accade in un corpo solido; secondariamente, il Sarsi troppo languidamente prova che 'l fuoco, l'aria e l'essalazioni contenute dentro al concavo lunare facciano impeto e gravino sopra la superficie d'esso concavo, mentr'egli introduce, come causa di questa compressione, una continua rarefazzion d'esse sostanze, le quali dilatandosi, e perciò ricercando sempre spazii maggiori, fanno forza contro al loro contenente e così vengono in certo modo ad attaccarsegli, sì che poi seguono il movimento suo. Languidissimo veramente è cotal discorso, perché dove il Sarsi risolutamente afferma che le sostanze contenute si vanno continuamente rarefacendo e dilatando, l'avversario con non minor ragione (dico non minore,perché il Sarsi non ne adduce niuna) dirà ch'elle si vanno continuamente condensando e ristringendo.
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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 290 |
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