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      L'obiezzione è assai ingegnosa, ma non però tanto ch'un poco di logica naturale non avesse avuto a mostrarne la soluzione: ed eccone il progresso. Dei corpi, signor Sarsi, che si stropicciano insieme, alcuni sono che assolutamente e sicuramente non si consumano punto, altri che grandemente e molto sensibilmente si consumano, ed altri che si consumano bene, ma insensibilmente. Di quelli che stropicciandosi non si consumano punto, quali sarebbon due specchi benissimo lisci, il senso ci mostra che non si riscaldano; di quelli che si consumano notabilmente, come un ferro nel limarsi, siamo sicuri che si riscaldano; adunque di quelli che noi siamo dubbi se nel fregarsi si consumino o no, se troveremo pel senso che si riscaldino, dobbiamo dire e credere che si consumino ancora, e solo si potrà dire che non si consumino quelli che né anco si riscaldano.
      A quanto sin qui ho detto, voglio, prima ch'io vada più avanti, aggiungere, per ammaestramento del Sarsi, come il dire: "Questo corpo alla bilancia non è calato di peso, adunque di lui non si è consumata parte alcuna" è discorso assai fallace, potendo esser che se ne sia consumato e che il peso non solo non sia diminuito, ma anco tal volta cresciuto; il che accaderà sempre che quello che si consuma e rimuove, sia men grave in specie del mezo nel quale si pesa: e così, per essempio, può accadere ch'un pezzo di legno, per avere in sé molti nodi e per esser vicino alle radici, messo nell'acqua cali al fondo e, verbigrazia, vi pesi quattr'once, e che limandone via, non del nocchioruto né della radice, ma della parte più rara e che per se stessa è men grave in ispecie dell'acqua, sì che in parte sosteneva tutta la mole, può esser, dico, che il rimanente pesi più che prima nel medesimo mezo; e così parimente può essere che nel limarsi o nel fregarsi insieme due ferri o due sassi o due legni, si separi da loro qualche particella di materia men grave dell'aria la quale, quando sola si rimovesse, lascerebbe quel corpo più grave che prima.


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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore
1953 pagine 290

   





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