È tempo, Illustrissimo Signore, di venir a capo di questi pur troppo lunghi discorsi: però passiamo a questa quarta ed ultima proposizione. Qui, com'ella vede, dice il Sarsi non potersi a bastanza stupire che io, avendo qualche nome d'avveduto osservatore ed applicato assai all'esperienze, mi sia ridotto ad affermar constantemente quelle cose che si possono agevolissimamente confutare con esperimenti manifesti ed apparecchiati per tutto; de' quali poi n'apporta molti, ond'egli apparisca altrettanto veridico e diligente sperimentatore, quant'io mal accorto e mendace. Dirò prima brevemente quello che persuase il signor Mario a scrivere, e me a prestargli assenso, che quando la cometa fusse una fiamma, dovesse asconderci le stelle; poi anderò considerando l'esempio e ragioni del Sarsi, lasciando in ultimo a V. S. Illustrissima il giudicar qual di noi sia più difettoso e mal avveduto nel suo esperimentare e discorrere.
Considerando noi, il trasparire d'un corpo non esser altro che un lasciar vedere gli oggetti posti oltre di sé, ci persuademmo che quant'esso corpo trasparente fusse men visibile, tanto potesse meglio trasparere; onde l'aria trasparentissima è del tutto invisibile, l'acqua limpida ed i cristalli ben tersi, traposti tra oggetti visibili, poco per se stessi si scorgono: dal che ci pareva che assai a proposito si potesse all'incontro inferire, i corpi quanto più per se stessi fusser visibili, dover esser tanto meno trasparenti; e perché tra i corpi visibili per se stessi, le fiamme per avventura parevano non esser degli infimi, però giudicammo quelle dovere esser poco trasparenti: l'autorità poi di Aristotile e de' Peripatetici, aggiunta a questo discorso, ci confermò nell'opinione.
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Il Saggiatore
di Galileo Galilei
Ricciardi Editore 1953
pagine 290 |
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