Prenda pur chi si voglia in mano la corda ond'è attaccato il peso, e tenti quanto gli piace d'accrescergli o scemargli la frequenza delle sue vibrazioni; sarà fatica buttata in vano: ma ben all'incontro ad un pendolo, ancor che grave e posto in quiete, col solo soffiarvi dentro conferiremo noi moto, e moto anche assai grande col reiterare i soffi, ma sotto 'l tempo che è proprio quel delle sue vibrazioni; che se al primo soffio l'aremo rimosso dal perpendicolo mezzo dito, aggiugnendogli il secondo dopo che, sendo ritornato verso noi, comincerebbe la seconda vibrazione, gli conferiremo nuovo moto, e così successivamente con altri soffi, ma dati a tempo, e non quando il pendolo ci vien incontro (che così gl'impediremmo, e non aiuteremmo, il moto); e seguendo, con molti impulsi gli conferiremo impeto tale, che maggior forza assai che quella d'un soffio ci bisognerà a cessarlo.
SAGR. Ho da fanciullo osservato, con questi impulsi dati a tempo un uomo solo far sonare una grossissima campana, e nel volerla poi fermare, attaccarsi alla corda quattro e sei altri e tutti esser levati in alto, né poter tanti insieme arrestar quell'impeto che un solo con regolati tratti gli aveva conferito.
SALV. Esempio che dichiara 'l mio intento non meno acconciamente di quel che questa mia premessa si accomodi a render la ragione del maraviglioso problema della corda della cetera o del cimbalo, che muove e fa realmente sonare quella non solo che all'unisono gli è concorde, ma anco all'ottava e alla quinta.
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