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      SAGR. A me ancora è intervenuto l'istesso più d'una volta con mio diletto ed anco utile: imperò che stetti lungo tempo perplesso intorno a queste forme delle consonanze, non mi parendo che la ragione che comunemente se n'adduce da gli autori che sin qui hanno scritto dottamente della musica, fusse concludente a bastanza. Dicono essi, la diapason, cioè l'ottava, esser contenuta dalla dupla, la diapente, che noi diciamo la quinta, dalla sesquialtera, etc.; perché, distesa sopra il monocordo una corda, sonandola tutta e poi sonandone la metà, col mettere un ponticello in mezzo, si sente l'ottava, e se il ponticello si metterà al terzo di tutta la corda, toccando l'intera e poi li due terzi, ci rende la quinta; per lo che l'ottava dicono esser contenuta tra 'l due e l'uno, e la quinta tra il tre e 'l dua. Questa ragione, dico, non mi pareva concludente per poter assegnar iuridicamente la dupla e la sesquialtera per forme naturali della diapason e della diapente: e 'l mio motivo era tale. Tre sono le maniere con le quali noi possiamo inacutire il tuono a una corda: l'una è lo scorciarla; l'altra, il tenderla più, o vogliam dir tirarla; il terzo è l'assottigliarla. Ritenendo la medesima tiratezza e grossezza della corda, se vorremo sentir l'ottava, bisogna scorciarla la metà, cioè toccarla tutta, e poi mezza: ma se, ritenendo la medesima lunghezza e grossezza, vorremo farla montare all'ottava col tirarla più, non basta tirarla il doppio più, ma ci bisogna il quadruplo, sì che se prima era tirata dal peso d'una libbra, converrà attaccarvene quattro per inacutirla all'ottava: e finalmente se, stante la medesima lunghezza e tiratezza, vorremo una corda che, per esser più sottile, renda l'ottava, sarà necessario che ritenga solo la quarta parte della grossezza dell'altra più grave.


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Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
di Galielo Galilei
Utet
1980 pagine 293