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      E questo che dico dell'ottava, cioè che la sua forma presa dalla tensione o dalla grossezza della corda è in duplicata proporzione di quella che si ha dalla lunghezza, intendasi di tutti gli altri intervalli musici: imperò che quello che ci dà la lunghezza con la proporzion sesquialtera, cioè col sonarla tutta e poi li due terzi, volendolo cavar dalla tiratezza o dalla sottigliezza, bisogna duplicar la proporzione sesquialtera, pigliando la dupla sesquiquarta, e se la corda grave era tesa da quattro libbre di peso, attaccarne all'acuta non sei, ma nove, e quanto alla grossezza, far la corda grave più grossa dell'acuta secondo la proporzione di nove a quattro, per aver la quinta. Stante queste verissime esperienze, non mi pareva scorger ragione alcuna per la quale avesser i sagaci filosofi a stabilir, la forma dell'ottava esser più la dupla che la quadrupla, e della quinta più la sesquialtera che la dupla sesquiquarta. Ma perché il numerar le vibrazioni d'una corda, che nel render la voce le fa frequentissime, è del tutto impossibile, sarei restato sempre ambiguo se vero fusse che la corda dell'ottava, più acuta, facesse nel medesimo tempo doppio numero di vibrazioni di quelle della più grave, se le onde permanenti per quanto tempo ci piace, nel far sonare e vibrare il bicchiere, non m'avessero sensatamente mostrato come nell'istesso momento che alcuna volta si sente il tuono saltare all'ottava, si veggono nascere altre onde più minute, le quali con infinita pulitezza tagliano in mezzo ciascuna di quelle prime.


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Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze
di Galielo Galilei
Utet
1980 pagine 293