Quando, dunque, osservo che una pietra, che discende dall'alto a partire dalla quiete, acquista via via nuovi incrementi di velocità, perché non dovrei credere che tali aumenti avvengano secondo la più semplice e più ovvia proporzione? Ora, se consideriamo attentamente la cosa, non troveremo nessun aumento o incremento più semplice di quello che aumenta sempre nel medesimo modo. Il che facilmente intenderemo considerando la stretta connessione tra tempo e moto: come infatti la equabilità e uniformità del moto si definisce e si concepisce sulla base della eguaglianza dei tempi e degli spazi (infatti chiamiamo equabile il moto, allorché in tempi eguali vengono percorsi spazi eguali), così, mediante una medesima suddivisione uniforme del tempo, possiamo concepire che gli incrementi di velocità avvengano con [altrettanta] semplicità; [lo possiamo] in quanto stabiliamo in astratto che risulti uniformemente e, nel medesimo modo, continuamente accelerato, quel moto che in tempi eguali, comunque presi, acquista eguali aumenti di velocità. Cosicché, considerando un numero qualsiasi di frazioni di tempo eguali a partire dal primo istante in cui il mobile abbandona la quiete e comincia a scendere, il grado di velocità acquistato nella prima e seconda frazione di tempo prese insieme, è doppio rispetto al grado di velocità acquistato dal mobile nella prima frazione; e il grado che si ottiene in tre frazioni di tempo, è triplo; quello acquistato in quattro, quadruplo del medesimo grado del primo tempo: sì che (per maggiore chiarezza), se il mobile continuasse il suo moto secondo il grado o momento di velocità acquistato nella prima frazione di tempo e lo proseguisse uniformemente con tale grado, questo moto sarebbe due volte più lento di quello che [il mobile] otterrebbe secondo il grado di velocità acquistato in due frazioni di tempo.
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