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      Era la terza difficultà nella dottrina d'Archimede il non si poter render ragione, onde avvenga che un legno e un vaso pur di legno, che per altro galleggia, vada al fondo se si riempierà d'acqua. Ha creduto il signor Buonamico, che un vaso di legno, e di legno che per sua natura stia a galla, vada poi al fondo come prima e' s'empia d'acqua; di che egli nel capitolo seguente, che è il 30 del quinto libro, copiosamente discorre: ma io, parlando sempre senza diminuzione della sua singolar dottrina, ardirò, per difesa d'Archimede, di negargli tale esperienza, essendo certo che un legno il quale, per sua natura, non va al fondo nell'acqua, non v'andrà altresì incavato e ridotto in figura di qual si voglia vaso, e poi empiuto d'acqua. E chi vorrà vederne prontamente l'esperienza in qualche altra materia trattabile e che agevolmente si riduca in ogni figura, potrà pigliar della cera pura e, facendone prima una palla o altra figura solida, aggiugnervi tanto di piombo che a pena la conduca al fondo, sì che un grano di manco non bastasse per farla sommergere; perché, facendola poi in forma d'un vaso, e empiendolo d'acqua, troverrà che senza il medesimo piombo non andrà in fondo, e che col medesimo piombo discenderà con molta tardità, ed, in somma, s'accerterà che l'acqua contenuta non gli apporta alterazione alcuna. Io non dico già che non si possano, di legno che per sua natura galleggi, far barche, le quali poi, piene d'acqua, si sommergano; ma ciò non avverrà per gravezza che gli sia accresciuta dall'acqua, ma sì bene da' chiodi e altri ferramenti, sì che non più s'avrà un corpo men grave dell'acqua, ma un composto di ferro e di legno, più ponderoso d'altrettanta mole d'acqua.


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Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono
di Galileo Galilei
Utet
1980 pagine 105

   





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