Bisogna dunque, se noi vogliamo veder quello che operi la diversità della figura, elegger prima una materia per sua natura atta a penetrar la crassizie dell'acqua: e per tale effetto è paruta loro opportuna una materia, la qual, prontamente ridotta in figura sferica, vada al fondo; ed hanno eletto l'ebano, del quale facendo poi una piccola assicella, e sottile come è la grossezza d'una veccia, hanno fatto vedere come questa, posata sopra la superficie dell'acqua, resta senza discendere al fondo; e facendo, all'incontro, del medesimo legno una palla non minore d'una nocciuola, mostrano che questa non resta a galla, ma discende. Dalla quale esperienza pare a loro di poter francamente concludere, che la larghezza della figura nella tavoletta piana sia cagione del non discendere ella al basso, avvegnaché una palla della medesima materia, non differente dalla tavoletta in altro che nella figura, va nella medesima acqua al fondo. Il discorso e l'esperienza hanno veramente tanto del probabile e del verisimile, che maraviglia non sarebbe se molti, persuasi da una certa prima apparenza, gli prestassero il loro assenso: tuttavia io credo di potere scoprire come non mancano di fallacia.
Cominciando, adunque, ad esaminare a parte a parte quanto è stato prodotto, dico che le figure, come semplici figure, non solamente non operano nelle cose naturali, ma né anche si ritrovano dalla sustanza corporea separate, né io le ho mai proposte denudate della materia sensibile; sì come anche liberamente ammetto, che nel voler noi esaminare quali sieno le diversità degli accidenti dependenti dalla varietà delle figure, sia necessario applicarle a materie, che non impediscano l'operazioni varie di esse varie figure; e ammetto e concedo, che malamente farei quando io volessi esperimentare quello che importi l'acutezza del taglio con un coltello di cera applicandolo a tagliare una quercia, perché non è acutezza alcuna che, introdotta nella cera, tagli il legno durissimo.
| |
|