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      Ma se noi troverremo e per esperienza vedremo, che non solamente la tavoletta, ma qualunque altra figura, del medesimo noce verrà a galla, sì come indubitatamente vedremo e troverremo, di grazia cessino gli avversari d'attribuire il soprannotare dell'ebano alla figura dell'assicella, poiché la resistenza dell'acqua è la stessa tanto all'insù quanto all'ingiù, e la forza del noce al venire a galla è minore che la forza dell'ebano all'andare in fondo.
      Anzi, dirò di più che, se noi considereremo l'oro in comparazion dell'acqua, troverremo che egli la supera quasi venti volte in gravità; onde la forza e l'impeto col quale va una palla d'oro al fondo è grandissimo: all'incontro, non mancano materie, come la cera schietta e alcuni legni, li quali non cedono né anche due per cento in gravità all'acqua; onde il loro ascendere in quella è tardissimo, e mille volte più debole che l'impeto dello scender dell'oro: tuttavia una sottil falda d'oro galleggia, senza discendere al fondo; e, all'incontro, non si può fare una falda di cera o del detto legno, la quale, posta nel fondo dell'acqua, vi resti senza ascendere. Or, se la figura può vietar la divisione e impedir la scesa al grandissimo impeto dell'oro, come non sarà ella bastante a vietar la medesima divisione all'altra materia nell'ascendere, dove ella non ha a pena forza per una delle mille parti dell'impeto dell'oro nel discendere? È dunque necessario, che quello che trattiene la sottil falda d'oro o l'assicella d'ebano su l'acqua, sia cosa tale, della qual manchino l'altre falde e assicelle di materie men gravi dell'acqua, mentre, poste nel fondo e lasciate in libertà, sormontano alla superficie senza impedimento veruno: ma della figura piana e larga non mancano elleno: adunque non è la figura spaziosa quella che ferma l'oro e l'ebano a galla.


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Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono
di Galileo Galilei
Utet
1980 pagine 105