Pagina (55/105)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Né sia chi dica, assai chiaro argomento della resistenza dell'acqua all'esser divisa esser il veder noi così sottili corpicelli consumar sei giorni a scender per sì breve spazio: perché questo non è repugnare alla divisione, ma ritardare un moto; e sarebbe semplicità il dire che una cosa repugni alla divisione e che intanto si lasci dividere. Né basta introdur per gli avversarii, cause ritardanti il moto, essendo bisognosi di cosa che totalmente lo vieti ed apporti la quiete: bisogna dunque ritrovar corpi che si fermino nell'acqua, chi vuol mostrar la sua repugnanza alla divisione, e non che solamente vi si muovino con tardità.
      Qual dunque è questa crassizie dell'acqua, con la quale ella repugna alla divisione? quale, per nostra fé, sarà ella, se noi (pur come ho anche detto di sopra) con ogni diligenza tentando di ridurre una materia tanto simile in gravità all'acqua che, formandola anche in una larghissima falda, resti sospesa, come diciamo, tra le due acque, è impossibile il conseguirlo, benché ci conduciamo a tal similitudine d'equiponderanza, che tanto piombo quanto è la quarta parte d'un grano di miglio, aggiunto a detta larghissima falda, che in aria peserà quattro o sei libre, la conduce al fondo, e, detratto, ella viene alla superficie dell'acqua? Io non so vedere (se è vero quanto io dico, sì come è verissimo) qual minima virtù e forza s'abbia a poter ritrovare o immaginare, della quale la renitenza dell'acqua all'esser divisa e distratta non sia minore: dal che per necessità si conclude che ella sia nulla; perché, se ella fosse di qualche sensibil potere, qualche larga falda si potrebbe ritrovare o comporre di materia simile in gravità all'acqua, la quale non solamente si fermasse tra le due acque, ma non si potesse, senza notabil forza, abbassare o sollevare.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono
di Galileo Galilei
Utet
1980 pagine 105