In conseguenza di questo che s'è dimostrato, molte e varie conclusioni si posson raccorre, dalle quali più e più sempre venga confermata la verità della mia principal proposizione, e scoperto quanto imperfettamente sia stato sin ora filosofato circa la presente quistione.
E prima, raccogliesi dalle cose dimostrate, che tutte le materie, ancorché gravissime, possono sostenersi su l'acqua, sino allo stesso oro, grave più d'ogni altro corpo conosciuto da noi: perché, considerata la sua gravità esser quasi venti volte maggior di quella dell'acqua, e, più, determinata l'altezza massima dell'argine che può far l'acqua senza rompere il ritegno dell'aria aderente alla superficie del solido che si posa su l'acqua, se noi faremo una lamina d'oro così sottile che non ecceda in grossezza la diciannovesima parte dell'altezza del detto arginetto, questa, posata leggiermente su l'acqua, resterà senza andare in fondo. E se l'ebano, per caso, sarà in proporzione sesquisettima più grave dell'acqua, la massima grossezza che si possa dare ad una tavoletta d'ebano, sì che ella possa sostenersi senza sommergersi, sarà sette volte più che l'altezza dell'arginetto. Lo stagno, v. g., otto volte più grave dell'acqua, galleggerà ogni volta che la grossezza della sua lamina non ecceda la settima parte dell'altezza dell'arginetto.
E già non voglio passar sotto silenzio di notare, come un secondo corollario dependente dalle cose dimostrate, che l'ampiezza della figura non solamente non è cagion del galleggiar quei corpi gravi che per altro si sommergono, ma né anche da lei depende il determinare quali sieno quelle falde d'ebano, di ferro o d'oro che possano stare a galla; anzi tal determinazione dalla sola grossezza di esse figure d'ebano o d'oro si dee attendere, escludendo totalmente la considerazione della lunghezza e della larghezza, come quelle che in verun conto non hanno parte in questo effetto.
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