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      Imperocché, se alcuno dicesse, la mente d'Aristotile esser d'escluder ben le figure dall'esser cause di moto, ma non già dall'esser cause di quiete, sì che il senso fosse di rimuovere dalle figure l'esser cause del muoversi semplicemente, ma non già l'esser cause del quietarsi; io domanderei, se si dee con Aristotile intendere che tutte le figure universalmente sieno in qualche modo cause della quiete in quei corpi che per altro si moverebbono, o pure alcune particolari solamente, come, per esempio, le figure larghe e sottili. Se tutte indifferentemente, adunque ogni corpo quieterà, perché ogni corpo ha qualche figura; il che è falso: ma se alcune particolari solamente potranno essere in qualche modo causa di quiete, come, v. g., le larghe, adunque le altre saranno in qualche modo causa di muoversi; perché, se dal vedere alcuni corpi di figura raccolta muoversi, che poi, dilatati in falde, si fermano, posso inferir l'ampiezza della figura essere a parte nella causa di tal quiete, così dal veder simil falde quietare, che poi raccolte si muovono, potrò con pari ragione affermare, la figura unita e raccolta aver parte nel cagionare 'l moto, come rimovente di chi l'impediva; il che è poi dirittamente opposto a quello che dice Aristotile, cioè che le figure non son cause del muoversi. In oltre, se Aristotile avesse ammesse, e non escluse, le figure all'esser cause del non muoversi in alcuni corpi, che figurati d'altra figura si moverebbono, male a proposito avrebbe, nelle parole immediatamente seguenti, proposto con modo dubitativo, "onde avvenga che le falde larghe e sottili di ferro o di piombo si fermino sopra l'acqua", già che la causa era in pronto, cioè l'ampiezza della figura.


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Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua o che in quella si muovono
di Galileo Galilei
Utet
1980 pagine 105

   





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