Proposta che ha Aristotile la quistione "onde avvenga che le falde larghe di ferro o di piombo soprannuotino", soggiugne (quasi fortificando l'occasion del dubitare): "conciosia che altre cose minori e manco gravi, se saranno rotonde o lunghe, come sarebbe un ago, vanno al fondo". Or qui dubito, anzi pur son certo, che un ago, posato leggiermente su l'acqua, resti a galla, non meno che le sottili falde di ferro e di piombo.
Io non posso credere, ancorché stato mi sia referto, che alcuno, per difendere Aristotile, dicesse che egli intende d'un ago messo non per lo lungo, ma eretto e per punta: tuttavia, per non lasciare anche tal refugio, benché debolissimo e quale anche Aristotile medesimo, per mio credere, ricuserebbe, dico che si dee intender che l'ago sia posato secondo la dimensione che vien nominata da Aristotile, che è la lunghezza. Perché, se altra dimensione che la nominata prender si potesse e dovesse, io direi che anche le falde di ferro e di piombo vanno al fondo, se altri le metterà per taglio e non per piano: ma perché Aristotile dice "le figure larghe non vanno al fondo", si dee intender "posate per lo largo": e però quando dice "le figure lunghe, come un ago, benché leggieri, non restano a galla", si dee intender "posate per lo lungo".
Di più, il dir che Aristotile intese dell'ago messo per punta, é un fargli dire una sciocchezza grande: perché in questo luogo dice che piccole particelle di piombo o ferro, se saranno rotonde o lunghe com'un ago, vanno in fondo, tal che, anco per suo credere, un granello di ferro non può restare a galla; e se egli così credette, qual semplicità sarebbe stata il soggiugnere, che né anco un ago, messo eretto, vi sta? e che altro è un ago tale, che molti sì fatti grani posti l'un sopra l'altro?
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