Bisogna dunque dire, o che nell'acqua non sieno tali atomi ignei ascendenti, o, se vi sono, che non sieno potenti a sollevare e spignere in su alcuna falda di materia che, senza loro, andasse al fondo. Delle quali due posizioni io stimo che la seconda sia vera, intendendo dell'acqua constituita nella sua natural freddezza: ma se noi piglieremo un vaso, di vetro o di rame o di qual si voglia altra materia dura, pieno d'acqua fredda, dentro la quale si ponga un solido di figura piana o concava, ma che in gravità ecceda l'acqua così poco che lentamente si conduca al fondo, dico che, mettendo alquanti carboni accesi sotto il detto vaso, come prima i nuovi corpuscoli ignei, penetrata la sustanzia del vaso, ascenderanno per quella dell'acqua, senza dubbio, urtando nel solido sopraddetto, lo spigneranno sino alla superficie, e quivi lo tratterranno sin che dureranno le incursioni de' detti corpuscoli; le quali cessando dopo la suttrazion del fuoco, tornerà il solido al fondo, abbandonato da' suoi puntelli. Ma nota Democrito, che questa causa non ha luogo se non quando si tratti d'alzare e sostenere falde di materie poco più gravi dell'acqua o vero sommamente sottili; ma in materie gravissime e di qualche grossezza, come falde di piombo o d'altri metalli, cessa totalmente un tale effetto. In testimonio di che, notisi che tali falde, sollevate da gli atomi ignei, ascendono per tutta la profondità dell'acqua e si fermano al confin dell'aria, restando però sott'acqua; ma le falde degli avversari non si fermano se non quando hanno la superficie superiore asciutta, né vi è mezzo d'operare che, quando sono dentr'all'acqua, non calino al fondo.
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Democrito
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