Altra, dunque, è la causa del soprannotare le cose delle quali parla Democrito, e altra quella delle cose delle quali parliamo noi.
Ma, tornando ad Aristotile, parmi che egli assai più freddamente confuti Democrito, che lo stesso Democrito non fa, per detto d'Aristotile, l'istanze che egli si muove contro: e l'oppugnarlo con dire che, se i calidi ascendenti fossero quelli che sollevassero le sottil falde, molto più dovrebbe un tal solido esser sospinto e sollevato per aria, mostra in Aristotile la voglia d'atterrar Democrito superiore all'esquisitezza del saldo filosofare. Il qual desiderio in altre occasioni si scuopre, e, senza molto discostarsi da questo luogo, nel testo precedente a questo capitolo che abbiamo per le mani: dov'ei tenta pur di confutare il medesimo Democrito, perché egli, non si contentando del nome solo, aveva voluto più particolarmente dichiarare che cosa fusse la gravità e la leggerezza, cioè la causa dell'andare in giù e dell'ascendere, e aveva introdotto il pieno e 'l vacuo, dando questo al fuoco, per lo quale si movesse in su, e quello alla terra, per lo quale ella discendesse, attribuendo poi all'aria più del fuoco e all'acqua più della terra. Ma Aristotile, volendo anche del moto all'in su una causa positiva e non, come Platone o questi altri, una semplice negazione o privazione, qual sarebbe il vacuo referito al pieno, argomenta contro a Democrito, e dice: Se è vero quanto tu supponi, adunque sarà una gran mole d'acqua la quale avrà più di fuoco che una piccola mole d'aria, e una grande d'aria che avrà più terra che una piccola d'acqua; il perché bisognerebbe che una gran mole d'aria venisse più velocemente a basso che una piccola quantità d'acqua: ma ciò non si vede mai in alcun modo: adunque Democrito erroneamente discorre.
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