Francesco Barberini, nipote del Papa e, come allora dicevasi, Cardinal Padrone. Quanto al P. Riccardi, partecipa il Castelli a Galileo "che era tutto suo e che sempre averebbe fatta la dovuta stima della virtù di V. S., e che non ne dovesse dubitare"; e quanto al Card. Barberini, che faceva delle difficoltà, ma pure, quando Galileo avesse provato che la Terra non era una stella, "nel resto le cose, potevano passare"(23). Questa lettera incoraggiò il nostro filosofo nella correzione del suo lavoro; ond'egli scriveva, nel febbraio al Marsili(24) e nell'aprile a Gio. Francesco Buonamici(25), ch'era occupatissimo nel rivederlo e che lo faceva copiare, con intenzione di trasferirsi a Roma per pubblicarlo subito. Viepiù fiducioso nelle sorti della sua diuturna fatica dovette poi sentirsi dopo la famosa dichiarazione che, circa la proibizion del Copernico, il Pontefice stesso ebbe a fare a Tommaso Campanella e della quale il Castelli dava notizia al suo Maestro, cioè che: "Non fu mai nostra intenzione, e se fosse toccato a noi, non si sarebbe fatto quel decreto"(26).
Il primo di maggio del 1630 Galileo partiva da Firenze(27) e due giorni dopo giungeva a Roma(28), dove, per ordine del Granduca, era ospitato dal Marchese Francesco Niccolini, ambasciatore di Toscana, il quale, per antiche relazioni di famiglia(29), era già disposto a favorirlo nelle pratiche ch'era venuto ad intraprendere, ed in ciò era aiutato assai efficacemente dalla moglie Caterina Riccardi, parente del Padre Maestro del Sacro Palazzo.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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