E di appoggi per condurre a felice conclusione le iniziate trattative Galileo aveva grandissimo bisogno, chè le cose non erano così lisce come avrebbero potuto far credere il surriferito dispaccio dell'ambasciatore e la ottenuta licenza. Galileo stesso ne doveva essere convinto, se, partendo da Roma, aveva annunziato agli amici che presto vi sarebbe tornato(35): di tornarvi infatti aveva preso impegno col P. Riccardi, per accomodare con lui "alcune coselle nel proemio(36) e dentro l'opera stessa"(37). E forse con questi ragionevoli timori si connette il tentativo fatto da Galileo appresso il Baliani, nell'agosto del 1630, per far stampare il suo libro a Genova(38).
Intanto, che dopo la partenza del Nostro da Roma nuove difficoltà fossero sorte, appare da quello che il 24 agosto 1630 il Castelli scriveva a Galileo: "Per molti degni rispetti, che io non voglio mettere in carta ora..., crederei che fosse ben fatto che V. S. M. I. facesse stampare il suo libro costì in Firenze, e lo facesse quanto prima". Il Castelli aggiunge d'aver trattato in proposito col P. Visconti, e d'aver ricevuto in risposta che a ciò non v'era "difficoltà di sorte alcuna, e che desidera sopra modo che venga alla luce questa opera"(39). Galileo rispondeva con una lettera, la quale ne accompagnava un'altra per il P. Maestro: in queste lettere (oggi ambedue perdute) doveva egli pregare d'essere esonerato dal recarsi a Roma, allegando il motivo della peste che andava serpeggiando, e chieder l'assenso di stampare il libro in Firenze; poichè il P. Maestro gli faceva sapere, esser necessario, prima che fosse data tale licenza, "mandare una copia del libro qui in Roma, per agiustare insieme con Mons.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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