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      Deve ancora mostrarsi che quest'opera si faccia solamente per mostrare che si sanno tutte le ragioni che per questa parte si possono addurre, e che non per mancamento di saperle si sia in Roma bandita questa sentenza, conforme al principio e fine del libro, che di qua mandarò aggiustati. Con questa cauzione il libro non averà impedimento alcuno qui in Roma, e V. P. M. R. potrà compiacere l'autore e servir la Serenissima Altezza, che in questo mostra sì gran premura"(52). Erano state compiute infatti, in via diplomatica, nuove sollecitazioni, causate da nuove istanze del Nostro(53), il quale aveva già spedito al P. Riccardi, col mezzo del Niccolini(54), il proemio e il fine dell'opera. Ma intanto Galileo, insofferente dei ritardi, faceva por mano alla stampa: e così, mentre il 5 luglio 1631 egli comunicava al Marsili che erano già stampati dei fogli del Dialogo(55), di che questi si congratulava come se ogni ostacolo fosse ormai tolto di mezzo(56), ancora il giorno 12 il Niccolini scriveva al Nostro che il P. Riccardi poneva sempre nuove dilazioni a consegnare il proemio e la fine aggiustati(57), e soltanto il 19 gli partecipava che il Padre Maestro, "tirato, come si suol dire, per i capelli", aveva acconsentito a liberare il proemio(58); e sotto la medesima data lo stesso P. Riccardi inviava all'Inquisitore di Firenze il "principio o prefazione da mettersi nel primo foglio, ma con libertà dell'autore di mutarlo e fiorirlo quanto alle parole, come si osserva la sentenza del contenuto", ed aggiungeva: "Il fine dovrà esser dell'istesso argomento"(59).


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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