Ed in somma comprendo benissimo che quello che accade a gli abitatori della Terra, nel veder le varietà della Luna, accaderebbe a chi fusse nella Luna nel veder la Terra, ma con ordine contrario: cioè che quando la Luna è a noi piena ed all'opposizion del Sole, a loro la Terra sarebbe alla congiunzion col Sole e del tutto oscura ed invisibile; all'incontro, quello stato che a noi è congiunzion della Luna col Sole, e però Luna silente e non veduta, là sarebbe opposizion della Terra al Sole, e per così dire Terra piena, cioè tutta luminosa; e finalmente quanta parte a noi, di tempo in tempo, si mostra della superficie lunare illuminata, tanto dalla Luna si vedrebbe esser nell'istesso tempo la parte della Terra oscura, e quanto a noi resta della Luna privo di lume, tanto alla Luna è l'illuminato della Terra; sì che solo nelle quadrature questi veggono mezo cerchio della Luna luminoso, e quelli altrettanto della Terra. In una cosa mi par che differiscano queste scambievoli operazioni: ed è che, dato e non concesso che nella Luna fusse chi di là potesse rimirar la Terra, vedrebbe ogni giorno tutta la superficie terrestre, mediante il moto di essa Luna intorno alla Terra in ventiquattro o venticinque ore; ma noi non veggiamo mai altro che la metà della Luna, poichè ella non si rivolge in sè stessa, come bisognerebbe per potercisi tutta mostrare.
SALV. Purchè questo non accaggia per il contrario, cioè che il rigirarsi ella in sè stessa sia cagione che noi non veggiamo mai l'altra metà; chè così sarebbe necessario che fusse, quando ella avesse l'epiciclo.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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