Or qui non veggo io fallacia nissuna, e parmi l'argomento concludentissimo.
SALV. Ed a me questa nuova lettura ha confermata la fallacia nell'argumentare, e di più scoperto un'altra falsità. Però notate. Due posizioni, o vogliam dire due conclusioni, son quelle che Aristotile vuole impugnare: l'una è di quelli che, collocando la Terra nel mezo, la facesser muovere in sè stessa circa 'l proprio centro; l'altra è di quelli che, costituendola lontana dal mezo, la facessero andar con moto circolare intorno ad esso mezo: ed amendue queste posizioni impugna congiuntamente con l'istesso argomento. Ora io dico che egli erra nell'una e nell'altra impugnazione, e che l'errore contro la prima posizione è di uno equivoco o paralogismo, e contro alla seconda è una conseguenza falsa. Venghiamo alla prima posizione, che costituisce la Terra nel mezo e la fa mobile in sè stessa circa il proprio centro, ed affrontiamola con l'istanza d'Aristotile, dicendo: Tutti i mobili che si muovono circolarmente, par che restino indietro, e si muovono di più d'una lazione, eccettuata la prima sfera (cioè il primo mobile); adunque la Terra, movendosi circa il proprio centro, essendo posta nel mezo, bisogna che si muova di due lazioni, e resti in dietro: ma quando questo fusse, bisognerebbe che si variassero gli orti e gli occasi delle stelle fisse; il che non si vede fare: adunque la Terra non si muove etc. Qui è il paralogismo; per iscoprirlo, discorro con Aristotile in tal modo. Tu di', o Aristotile, che la Terra posta nel mezo non può muoversi in sè stessa, perchè sarebbe necessario attribuirle due lazioni: adunque, quando non fusse necessario attribuirle altro che una lazion sola, tu non avresti per impossibile che di una tal sola ella si movesse, perchè fuor di proposito ti saresti ristretto a ripor l'impossibilità nella pluralità delle lazioni, quando anco di una sola ella muover non si potesse.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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