SIMP. Questo è quello ch'io non capisco e ch'io vorrei intendere.
SAGR. E questo ancora sapete per voi stesso. Però ditemi: quando voi vi lasciaste cader la ruzzola di mano senza che ella girasse in sè stessa, che farebbe percotendo in terra?
SIMP. Niente, ma resterebbe quivi.
SAGR. Non potrebb'egli accadere che nel percuotere in terra ella acquistasse moto? pensateci meglio.
SIMP. Se noi non la lasciassimo cadere su qualche pietra che avesse pendio, come fanno i fanciulli con le chiose, e che battendo a sbiescio su la pietra pendente acquistasse movimento in sè stessa in giro, col quale poi ella seguitasse di muoversi progressivamente in terra, non saprei in qual altra maniera ella potesse far altro che fermarsi dove ella battesse.
SAGR. Ecco pure che in qualche modo ella può acquistar nuova vertigine. Quando dunque la ruzzola sbalzata in alto ricade in giù, perchè non può ella abbattersi a dare su lo sbiescio di qualche sasso fitto in terra e che abbia il pendio verso dove è il moto, ed acquistando, per tal percossa, nuova vertigine, oltre a quella prima dello spago, raddoppiar il suo moto, e farlo più veloce che non fu nel suo primo battere in terra?
SIMP. Ora intendo che ciò può facilmente seguire. E vo considerando che quando la ruzzola si facesse girare al contrario, nell'arrivare in terra farebbe contrario effetto, cioè il moto della vertigine ritarderebbe quel del proiciente.
SAGR. E lo ritarderebbe, e l'impedirebbe tal volta del tutto, quando la vertigine fusse assai veloce.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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