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      SAGR. Tutto bene, Sig. Simplicio mio. Ma voi, Sig. Salviati, calandovi talvolta dal trono della maestà peripatetica, avete mai scherzato intorno all'investigazione di questa proporzione dell'accelerazione del moto de' gravi descendenti?
     
      SALV. Non mi è stato bisogno di pensarvi, attesochè l'Accademico, nostro comun amico, mi mostrò già un suo trattato del moto, dove era dimostrato questo, con molti altri accidenti; ma troppo gran digressione sarebbe se per questo volessimo interromper il presente discorso, che pure esso ancora è una digressione, e far, come si dice, una commedia in commedia.
     
      SAGR. Mi contento d'assolvervi da tal narrazione per al presente, con patto però che questa sia una delle proposizioni riservata da esaminarsi tra le altre in altra particolar sessione, perchè tal notizia è da me desideratissima: ed intanto torniamo alla linea descritta dal grave cadente dalla sommità della torre sino alla sua base.
     
      SALV. Quando il movimento retto verso il centro della Terra fusse uniforme, essendo anco uniforme il circolare verso oriente, si verrebbe a comporre di amendue un moto per una linea spirale, di quelle definite da Archimede nel libro delle sue spirali, che sono quando un punto si muove uniformemente sopra una linea retta, mentre essa pur uniformemente si gira intorno a un de i suoi estremi punti, fisso come centro del suo rivolgimento. Ma perchè il moto retto del grave cadente è continuamente accelerato, è forza che la linea del composto de i due movimenti si vadia sempre con maggior proporzione allontanando successivamente dalla circonferenza di quel cerchio che avrebbe disegnato il centro della gravità della pietra quando ella fusse restata sempre sopra la torre; e bisogna che questo allontanamento sul principio sia piccolo, anzi minimo, anzi pur minimissimo, avvengachè il grave descendente, partendosi dalla quiete, cioè dalla privazion del moto a basso, ed entrando nel moto retto in giù, è forza che passi per tutti i gradi di tardità che sono tra la quiete e qualsivoglia velocità, li quali gradi sono infiniti, sì come già a lungo si è discorso e concluso.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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