Il moto de i penduli gravi si perpetuerebbe, rimossi gl'impedimenti.
SALV. Non si perpetuerebbe il moto, Sig. Sagredo, quando ben si levasse totalmente l'impedimento dell'aria, perchè ve n'è un altro più recondito assai.
SAGR. E qual è? chè altro non me ne sovviene.
SALV. Vi gusterà il sentirlo, ma ve lo dirò poi; intanto seguitiamo. Io vi ho proposta l'osservazione di questo pendolo, acciò che voi intendiate che l'impeto acquistato nell'arco descendente, dove il moto è naturale, è per sè stesso potente a sospignere di moto violento la medesima palla per altrettanto spazio nell'arco simile ascendente; è tale, dico, per sè stesso, rimossi tutti gl'impedimenti esterni. Credo anco che senza dubitarne s'intenda, che sì come nell'arco descendente si va crescendo la velocità sino al punto infimo del perpendicolo, così da questo per l'altro arco ascendente si vadia diminuendo sino all'estremo punto altissimo, e diminuendo con l'istesse proporzioni con le quali si venne prima agumentando, sì che i gradi delle velocità ne i punti egualmente distanti dal punto infimo sieno tra di loro eguali. Di qui parmi (discorrendo con una certa convenienza) di poter credere, che quando il globo terrestre fusse perforato per il centro, una palla d'artiglieria scendendo per tal pozzo acquisterebbe sino al centro tal impeto di velocità, che trapassato il centro la spignerebbe in su per altrettanto spazio quanto fusse stato quello della caduta, diminuendo sempre la velocità oltre al centro con decrementi simili a gl'incrementi acquistati nello scendere; ed il tempo che si consumerebbe in questo secondo moto ascendente credo che sarebbe eguale al tempo della scesa.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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