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      SALV. La providenza di questo filosofo è mirabile e degna di gran lode, attesochè e' non si contenta di pensare alle cose che potrebbon accadere stante il corso della natura, ma vuol trovarsi provvisto in occasione che seguissero di quelle cose che assolutamente si sa che non sono mai per seguire. Io voglio dunque, per sentir qualche bella sottigliezza, concedergli che quando la Terra e l'acqua andassero in niente, nè le grandini nè la pioggia cadessero più, nè le materie ignee andasser più in alto, ma si trattenesser girando: che sarà poi? e che mi opporrà il filosofo?
     
      SIMP. L'opposizione è nelle parole che seguono immediatamente; eccole qui: Quibus tamen experientia et ratio adversatur.
     
      SALV. Ora mi convien cedere, poichè egli ha sì gran vantaggio sopra di me, qual è l'esperienza, della quale io manco; perchè sin ora non mi son mai incontrato in vedere che 'l globo terrestre, con l'elemento dell'acqua, sia andato in niente, sì ch'io abbia potuto osservare quel che in questo piccol finimondo faceva la gragnuola e l'acqua. Ma ci dic'egli almanco, per nostra scienza, quel che facevano?
     
      SIMP. Non lo dice altrimenti.
     
      SALV. Pagherei qualsivoglia cosa a potermi abboccar con questa persona, per domandargli, se quando questo globo sparì, e' portò via anco il centro comune della gravità, sì com'io credo; nel qual caso, penso che la grandine e l'acqua restassero come insensate e stolide tra le nugole, senza saper che farsi di loro. Potrebbe anco esser che, attratte da quel grande spazio vacuo, lasciato mediante la partita del globo terrestre, si rarefacesser tutti gli ambienti, ed in particolar l'aria, che è sommamente distraibile, e concorressero con somma velocità a riempierlo; e forse i corpi più solidi e materiali, come gli uccelli, che pur di ragione ne dovevano esser molti per aria, si ritirarono più verso il centro della grande sfera vacua (che par ben ragionevole che alle sustanze che sotto minor mole contengono assai materia, sieno assegnati i luoghi più angusti, lasciando alle più rare i più ampli), e quivi, mortisi finalmente di fame e risoluti in terra, formassero un nuovo globettino, con quella poca di acqua che si trovava allora tra' nugoli.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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