L'irradiazion poi del Sole e della Luna è come nulla, mediante la grandezza loro, la quale occupa per sè sola tanto spazio nell'occhio nostro, che non lascia luogo per i raggi avventizii; tal che i dischi loro si veggono tosi e terminati. Potremo assicurarci della medesima verità con un'altra esperienza, da me più volte fatta; assicurarci, dico, come i corpi splendenti di luce più vivace si irraggiano assai più che quelli che sono di luce più languida. Io ho più volte veduto Giove e Venere insieme, lontani dal Sole 25 o 30 gradi, ed essendo l'aria assai imbrunita, Venere pareva bene 8 ed anco 10 volte maggior di Giove, mentre però si riguardavono con l'occhio libero; ma guardati poi co 'l telescopio, il disco di Giove si scorgeva veramente maggior quattro e più volte di quel di Venere, ma la vivacità dello splendor di Venere era incomparabilmente maggiore della luce languidissima di Giove: il che da altro non procedeva che dall'esser Giove lontanissimo dal Sole e da noi, e Venere vicina a noi ed al Sole. Dichiarate queste cose, non sarà difficile a intender come possa esser che Marte, quand'è all'opposizion del Sole, e però vicino a Terra sette volte e più che quando è verso la congiunzione, appena ci si mostri maggiore 4 o 5 volte in quello stato che in questo, mentre lo doveremmo vedere più di 50 volte tanto: di che la sola irradiazione è causa; chè se noi lo spoglieremo de i raggi avventizii, lo troveremo precisamente ingrandito con la debita proporzione: per levargli poi la chioma, il telescopio è l'unico e l'ottimo mezo, il quale, ingrandendo il suo disco 900 o mille volte, ce lo fa veder nudo e terminato come quel della Luna, e differente da sè stesso nelle due posizioni secondo la debita proporzione a capello.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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