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      Non è, non è dunque in noi la pienezza totale del sapere: consideriamolo da gli eventi; già da' leoni non nascono conigli, nè dell'aquile colombe. E nulladimeno i figli di questa qualità divina, o più tosto de gli uomini che volgarmente chiamiamo scienziati, altri per lo più non sono che l'ambizione la perfidia ed il fasto; altieri, intrattabili, arroganti, d'ogni Dio sprezzatori e d'ogni legge: e se pur tale di essi serbi vestigi di vera virtù, non fucata, ciò ha origine altronde, almanco dal riflesso di non sapere; onde da questa conosciuta ignoranza nasce questa virtù modesta, non mica dalla scienza, che non esiste. Però dall'oracolo fu solo fra gli uomini stimato savio chi seppe di saper nulla. Le radici della vera sapienza hanno il lor fondo geniale nel cielo; trasportate per tanto in terra, degenerano, come il fromento in zizania. Lo conobbero gli antichi benissimo, e singolarmente Aristotile nella Posteriore, nella Metafisica ed altrove. Siaci però tanto concesso, che i nostri fini ne conseguiamo nel modo che conseguisce anco i suoi, del vedere, la nottola, con la debolezza della sua vista, ed in questo fosco barlume chi è men losco de gli altri sia lince. La conoscenza infallibile delle cose recondite è quella solamente nell'uomo che per fede gli vien direttamente da Iddio.
      Non giudico dunque (ripiglio all'intento principale) così indubitatamente certa la filosofia d'Aristotile, che non sia ancor essa soggetta all'obiezzioni ed a gli errori, quantunque per assenso quasi d'ogn'uno sia ella stata sin ora stimata la manco erronea, ed egli in questo genere più celebre e più conspicuo di tutti gli altri.


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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze
1897 pagine 1069

   





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