Il dir loro che l'intelletto umano sia partecipe di divinità per l'intelligenza de' numeri, altro non è che dire che l'umana felicità, in quanto concerne la parte intellettiva, consiste nell'intender le cause ed i principii delle cose, come anco ne fu in sentenza scritto: Felix qui potuit rerum cognoscere causas, e nella sua Etica lo concede anco Aristotile, e quasi tutti i più savi. Non sono dunque astratti i numeri, nè per tali astratti ternarii fa le sue prove il Filosofo, ma si intende nel modo che io ho esposto: e se pur volete che ne i numeri così astratti siano rinchiusi sensi e misteri reconditi divini, nascosi al volgo (come dite), volendo impugnare la dottrina di Aristotile, mirabilmente la confirmate. E sentite se è vero. È cosa infallibilmente credibile che le discipline di Platone e di Pittagora fussero a i tempi di Aristotile più note e più divulgate a gli uomini di quel che siano a' giorni nostri; se dunque così stimate (come è dovere), forse in quel tempo si sapea qualche occulto misterio o recondito senso del numero astratto, massime del ternario, già che con tanti encomi lo celebravano e gli davano, per commun consentimento over uso di parlare, attributo di omne e di perfetto: già di ciò non era inventore Aristotile, ma usa i termini ricevuti e (da credere) approvati; per conseguente dunque si serve di questo numero acconciamente, nè voi lo potete riprendere, non sapendo, secondo l'intelligenza di quei tempi, la perfezzione del numero ternario, come la suppone Aristotile; e se la sapete, fate male ad impugnarla e contradite a voi stesso, dicendo, non intender che il 3 sia più perfetto del 2 over del 4 etc.
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Le opere di Galileo Galilei
Edizione nazionale sotto gli auspici di sua maestà il re d'Italia. Volume VII
di Galileo Galilei
Tipografia Barbera Firenze 1897
pagine 1069 |
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